Alla fine di un amore, la casa a chi resta?

A cura dell’Avv. Barbara Lentini

Sempre più spesso mi viene posta una domanda: dopo la rottura di un rapporto sentimentale, in caso di convivenza, divorzio o separazione, a chi resta la casa della casa nella quale la coppia ha vissuto?
La risposta varia in relazione al fatto che la coppia sia o meno sposata e se vi siano o meno figli minori o comunque economicamente non autosufficienti. Procediamo con ordine ad esaminare le diverse ipotesi.

Separazione personale dei coniugi e divorzio in presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti

La disciplina riguardante l’assegnazione della casa coniugale è contenuta nell’art. 337 sexies C.C che costituisce il pilastro normativo in materia. Tale norma stabilisce che l’assegnazione della casa coniugale avviene tenendo prioritariamente in considerazione l’interesse dei figli.
Più concretamente, questo significa che di norma l’abitazione della casa coniugale spetta al coniuge con il quale i figli risiedono in via prevalente, a prescindere da chi sia il proprietario dell’immobile.
Tale diritto permane sino a quando i figli raggiungeranno l’autosufficienza.

È bene precisare che la giurisprudenza è ormai costante nell’affermare che qualora sia stata adibita a casa coniugale un’abitazione di proprietà di terzi (es. genitori di uno dei coniugi), il diritto all’assegnazione di cui all’art. 337 sexies C.C. non subisce limitazioni di sorta, essendo garantita la permanenza nell’immobile dei figli e del genitore collocatario.

A chi resta la casa coniugale

Il diritto all’assegnazione della casa coniugale viene meno in tre casi: se il beneficiario non vi abita stabilmente, se contrae nuove nozze o se convive more uxorio. Le normative possono ovviamente essere superate dalla concorde volontà delle parti, che possono liberamente stabilire a chi spetti vivere della casa coniugale.

Per completezza espositiva, è doveroso precisare che in alcuni rari casi l’assegnazione della casa coniugale, anche in presenza di figli, viene disposta in favore del coniuge che si trovi in condizioni economiche particolarmente difficili rispetto all’altro. Infatti, l’assegnazione della casa coniugale non è solo uno strumento di protezione dei figli, ma anche un mezzo atto a garantire l’equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi (art. 155 C.C.).

Separazione personale dei coniugi e divorzio in assenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti

In caso di separazione o divorzio in assenza di figli, diventa fondamentale l’assegnazione della casa da parte del Giudice, quale strumento di riequilibrio delle condizioni patrimoniali dei coniugi.

Qualora l’immobile sia di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi, lo stesso rimane in uso ad esso, salva diversa pattuizione delle parti. Se, invece, l’immobile sia di proprietà di entrambi i coniugi, occorre valutare le capacità reddituali di ciascuna parte.

Nel caso in cui le parti si trovino in condizioni economiche sostanzialmente simili, troveranno applicazione le norme generali sulla comunione (in caso di disaccordo ciascun coniuge può chiedere la divisione dell’immobile una volta sancita la separazione). Nella diversa ipotesi in cui uno dei coniugi sia sprovvisto di reddito o vi sia una significativa sproporzione tra i redditi percepiti dalle parti, il coniuge “debole” potrà ottenere l’assegnazione della casa coniugale.

Convivenza more uxorio in presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti

L’art. 337 bis C.C. equipara i figli nati fuori dal matrimonio e quelli nati all’interno del matrimonio, con la conseguenza che anche in tale ipotesi vige la disciplina dell’assegnazione della casa coniugale dettata dall’art. 337 sexies C.C.

Convivenza more uxorio in assenza di figli minori o non economicamente autosuffcienti – Il “Contratto di Convivenza”

Nessuna specifica tutela è prevista dal Legislatore nell’ipotesi di rottura del ménage familiare tra conviventi in assenza di minori.

Ne consegue che l’immobile adibito dalla coppia ad abitazione comune resterà in uso al proprietario.
La giurisprudenza considera il convivente non proprietario dell’immobile come un comodatario, perciò attribuisce a questi il potere di tutelarsi contro lo spoglio. Viene in ogni caso fatto salvo il diritto del proprietario di chiedere il rilascio dell’abitazione.

Se la casa è stata acquistata da entrambi, una parte potrebbe rilevare la quota dell’altro e divenire proprietario esclusivo oppure l’immobile potrebbe essere messo in vendita.
In assenza di accordo, si dovrà ricorrere alle norme relative alla comunione e ciascuna parte potrà domandare la divisione.

Di recente il è stato introdotto il Contratto di Convivenza: si tratta di un vero e proprio contratto mediante il quale i conviventi possono stabilire ogni aspetto relativo alla convivenza, compresa la destinazione dell’abitazione nell’eventualità della fine della convivenza stessa.

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